A cura di Sara Ceccarelli
Una vera e propria materia nata a Londra
Alla base dei cocktail preparati ad arte ci sono tecnica e meccanismi rigorosi,
ma originali nella ricerca e nella miscelazione
Avete mai sentito la definizione di “Cocktail sartoriali”? Vi è mai capitato di entrare in un pub e scoprire dei drink dal nome esotico, curioso e perché no, ironico?
Dietro a queste colorate novità che si stanno diffondendo anche in Italia c’è l’arte della Mixology, una vera e propria materia nata nella città Londra e diffusasi poi in tutta Europa.
Frutta e verdura, spezie e condimenti si fondono nel bicchiere seguendo regole proprie della cucina molecolare che grazie alla fisica e alla chimica toccano livelli di gusto sempre più bizzarri e “variopinti”.
Le origini e l’arte del cocktail
Il bartending, ossia l’arte del preparare drink e cocktail affonda le proprie radici negli anni ’80 in Ungheria fino ad arrivare in Inghilterra, con epicentro a Londra, a partire dagli anni ’90 del secolo scorso.
Ma la Mixology, così come la conosciamo ora risale in realtà a un passato prossimo poiché solo dieci anni fa, barman e bartender hanno iniziato a sperimentare con sapori e aromi per ricreare nuove esperienze sensoriali e un nuovo modo di preparare e gustare cocktail.
Il nome stesso, “logica della miscelazione”, racconta come alla base dei cocktail preparati ad arte ci siano una tecnica e un meccanismo rigoroso ma originale nella ricerca e miscelazione di ingredienti vegetali e il compito del barman, quindi, non è più solo quello di creare seguendo la propria inclinazione. Necessari sono la conoscenza delle tecniche di distillazione e del modo migliore con cui trattare gli ingredienti, i liquori e i distillati, dato che, logica vuole anche in cucina, avere più ingredienti è sinonimo di un coefficiente di difficoltà maggiore.
Le polveri e le spezie, così come la frutta e la verdura cotta e cruda, saranno le migliori compagne di bicchiere di vini, spumanti, succhi e sciroppi per inventare nuove prelibatezze o rivisitare drink tradizionali.
Chi è il vero protagonista?
In principio, con il bartending degli anni ’80 e ’90 l’attenzione e l’importanza del tempo trascorso all’interno del bar era tutta rivolta verso il cliente. Era lui, infatti, il vero protagonista della scena, colui che sceglie come trascorrere un momento di relax o come festeggiare un compleanno tra amici e parenti, per esempio.
Con le nuove tecniche si sposta l’attenzione verso il barman, che in virtù dell’arte della miscelazione ricrea anche un momento “recitativo” con movimenti originali, a tempo di musica e movenze similari più a un balletto che ad una shackerata.
Cambiano quindi i ruoli e cambia anche il protagonista che non è più il cliente e la sua soddisfazione e l’attrattiva, non è più solo il cocktail e il suo gusto finale, ma anche la preparazione che diventa un vero e proprio momento spettacolare e spettacolarizzato.
La tradizione rivisitata
Le bevande alcoliche tra cui aperitivi i classici pre-dinner e i post-dinner vengono quindi rivisitate e riutilizzati assieme a nuovi ingredienti.
Ma negli anni passati quando ancora la Mixology non era ancora nemmeno stata coniata come arte con un nome proprio, distillati venivano utilizzati in maniera del tutto originale. Basti pensare che tra i primi cocktail considerati stravaganti, con abbinamenti coraggiosi, tra i tanti troviamo il celebre Bloody Mary (succo di pomodoro e spezie piccanti o aromi come la salsa Worcestershire, il tabasco, il consommé, il cren, il sedano, il sale, il pepe nero, il pepe di Caienna e il succo di limone).
Tra questi ci sono anche lo Zombie (rum Tiki, rum demerara e rum dark, lime fresco, granatina angostura bitters, Pernod, Don’s mix, falernum) e il Gimlet (gin, succo di lime e sciroppo di zucchero).
La Mixology e il suo vocabolario
Per orientarvi tra le tecniche utilizzare dai barman esiste un prontuario in continuo aggiornamento, che mette al corrente il cliente di quello che (più o meno) potrà trovare nel bicchiere, quantomeno a livello di tecnica di preparazione. Eccone alcuni.
Shake and strain: si shakerano gli ingredienti e poi si versano con un filter in modo che ghiaccio ed eventuali residui solidi non finiscano nel bicchiere.
Shake and pour: si shackerano gli ingredienti e poi si versano nel bicchiere senza essere filtrati.
Stir and pour: si utilizza un bicchiere da miscelazione, o mixing glass, dove vengono messi gli ingredienti prima mescolati (stir) e poi versati direttamente nel bicchiere senza filtrare (pour), quindi se è presente del ghiaccio, anch’esso finirà nel bicchiere.
Stir and strain: idem come sopra, ma gli ingredienti vanno filtrati con l’utilizzo dello strainer quando vengono versati nel bicchiere.
Build: cocktail realizzato direttamente nel bicchiere in cui verrà servito. Il Negroni ne è un esempio.
Throwing: operazione molto “cool” da vedere e che viene utilizzata anche più volte di quante ne occorrano; consiste nel versare il liquido da un bicchiere ad un altro mantenendo una certa distanza ossigenando così il drink in maniera da abbattere leggermente il gusto della parte alcolica.
Dry Shake: shakerare senza ghiaccio.
Garnish: è la decorazione del cocktail. Questa però non è solo ornamentale, ma importantissima per il risultato ultimo e la degustazione del cocktail.
Peel / Twist: scorza di agrume usata da guarnizione dove nel primo caso viene tagliata e messa direttamente nel bicchiere, nel secondo si arrotola sopra il bicchiere per liberarne gli oli essenziali al momento dell’inserimento.
Crusta: Orlatura di zucchero o sale che viene fatta attorno al bordo del bicchiere. Un buon Margarita viene preparato proprio così.
Top: aggiunta di un soft drink ossia di una bevanda analcolica per colmare il bicchiere
Frost: bicchiere ghiacciato come bicchiere di servizio
Float: cocktail bellissimi da vedere poiché stratificati e solitamente molto colorati.
Tra nuovi locali e attività che dedicano drink sartoriali dai nomi accattivanti, quali saranno ora le nuove frontiere dell’arte del creare cocktail? Non resta che curiosare tra i menu dei bar e pub che troviamo lungo la nostra strada e lasciarci tentare da nomi insoliti ed eccentrici e farci consigliare dagli esperti bartender secondo i nostri gusti ed esigenze.