Giunto alla sua quinta edizione, questo festival dalle sembianze multiformi si accinge a “invadere” il borgo riminese di San Vito per proporre i suoi temi e le sue occasioni di riflessione. Guardiamolo più da vicino insieme al suo ideatore, Gabriele Geminiani.
Gabriele, com’è cominciata questa avventura?
E’ partito tutto con il San Marino Green Party, nel 2018. Mi sono reso conto in quel momento di quante realtà green esistessero e di come si stessero muovendo in maniera sconnessa. Da lì è partita l’idea di creare un connettore di relazioni che fosse anche un contenitore culturale e il passo successivo la creazione di un festival che aveva come sede la Repubblica di San Marino, e siamo nel 2019. Quest’anno abbiamo finalmente costituito a Rimini un’associazione dal nome che amo tantissimo, “Esserci Aps” che va ad affiancarsi a quella sammarinese “Fuorigioco Network”. Siamo un piccolo ma coeso gruppetto che sta lavorando tenacemente per allargarsi. Per il secondo anno ringraziamo Banca Malatestiana per un supporto determinante al progetto, che nasce dalla condivisione degli ideali di sostenibilità che da oltre 10 anni mette in pratica e comunica sia all’esterno che all’interno dell’Istituto.
Già dal nomadismo del festival comprendiamo che il rapporto con il territorio è un valore fondante. Cosa significa per te?
Parto parlandoti delle mie origini. Originario di Pesaro, ho vissuto dalla primissima infanzia a Mercatino Conca, a un certo non mi sentivo né romagnolo né marchigiano. E così mi sono identificato nel Montefeltro, territorio straordinario di cultura e genialità incredibili. E’ una zona omogenea pur nella frattura geografica, e ho sempre ritenuto importante cucire relazioni tra le due parti, inizialmente culturali, poi legate alla sostenibilità.
Parliamo del festival di quest’anno, declinato sul Montefeltro e con un nutrito programma.
Si svolgerà nel fine settimana del 23 e 24 settembre. Il titolo che gli ho dato riguarda un elemento specifico: La rinascita del fiume. La cura dell’acqua. Parleremo della gestione idrica alla luce dei cambiamenti climatici, della tutela dei fiumi, della loro importanza come risorsa turistica e paesaggistica, e, più in particolare, parleremo del Marecchia, il nostro piccolo mare, del quale dobbiamo avere cura e proteggerne l’alveo anche e soprattutto per prevenire disastri drammatici come quello di maggio. Saranno quindi giornate di studio che, nello spirito del festival, dovranno lasciare tracce concrete sul piano dei contenuti e dell’operatività. Inoltre presenteremo due chicche editoriali partorite dalla vena creativa e culturale del festival. La prima è “Cola Pesce e Burdela Turchina”, una leggenda meridionale rivisitata in chiave adriatica dallo scrittore-navigatore Fabio Fiori, mentre la seconda celebra il centenario della nascita del poeta santarcangiolese Nino Pedretti, del quale la figlia ci ha fatto dono di una poesia inedita dal titolo “L’acqua maleda”. Entrambe le pubblicazioni sono di NFC Edizioni, raffinata casa editrice riminese con una spiccata vena sperimentale.
Sembra che tu usi una lente particolare per esplorare l’ambito del green, e che questa lente abbia a che fare con l’arte.
Sì, è proprio così. Insieme a Annamaria Bernucci, responsabile dei Musei comunali di Rimini, abbiamo fondato un sostanzioso spin off del festival, gli Archivi Sostenibili dell’Arte. Si tratta di una raccolta in progress di opere che hanno a che fare con le tematiche del riuso, della sostenibilità, dello sviluppo del mondo in cui viviamo. Sono tantissimi gli artisti che ci hanno fatto dono di un loro lavoro, testimoniando così di un impegno e di una visione che in arte precede sempre quella mainstream. Io stesso uso l’espressione artistica per rapportarmi con la realtà. Raccolgo oggetti che sono stati gettati, abbandonati, ne faccio opere, li tolgo dall’oblio e cerco di ridargli dignità. Questa particolare ricerca che porto avanti ormai da anni è stata accolta a Verucchio, dove nel torrione delle Mura di San Giorgio insieme a Roberto Vecchiarelli, docente all’Accademia di Belle Arti di Urbino, abbiamo appena fondato Micro, il Museo dell’oggetto ritrovato, un museo unico nel suo genere in Italia.
C’è un altro spin off importante e permanente, gli Ortiperlapace
Anche questo è un progetto che amo molto, piante e semi figli di alberi che sono stati testimoni di eventi, come il Kaki di Nagasaki e il Pino tibetano di Beslan. Sarà un parco in cui saranno ospitati alberi legati a artisti e intellettuali, come Giorgio Gaber, De André, Ivan Graziani. Un parco destinato alla meditazione.
E’ un festival nomade. Come sei approdato a San Vito?
Dopo una prima edizione nel cuore della Valmarecchia, ho voluto privilegiare la periferia del territorio spostandomi sulla costa in un itinerario di avvicinamento che comprende Pesaro, Carpegna, Poggio Torriana, San Marino, Verucchio, Santarcangelo e Rimini. San Vito è luogo di confine, è la periferia vista come risorsa, con una parrocchia e la pro loco molto operose.
Un’anteprima per il prossimo anno?
Pesaro è dove siamo stati invitati al Simposio stili di vita sostenibili a maggio con una mostra dedicata al tema dell’acqua e con un mio intervento al tavolo dedicato ai fiumi. Da lì è nato l’invito ufficiale a portare il nostro contributo progettuale all’interno di Pesaro Capitale della Cultura 2024. Davvero un bel riconoscimento.